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giovedì, 6 giugno 2019

La misura bio-ecologica della bellezza in architettura

Il capanno nella pianura romagnola, un manufatto tipologico in architettura naturale mediterranea - Intervento tematico di Paolo Rava

Prologo: Sostenibile – bioarchitettura – bellezza- cultura
Per la ricerca e la identificazione dei caratteri dei manufatti di natura minore come i capanni, un approccio di approfondimento è possibile utilizzando la linea guida di queste quattro parole chiave che ho inserite nel titolo, in un insieme chiaramente olistico, le quali ci portano a capirne le peculiarità e definirli come esempio di buona esecuzione: la cultura del buon costruire.
Queste “architetture” sono esempi di utilizzo raffinato e colto di materiali ad alto contenuto materico e tecnologico di origine naturale, che a mio parere identificano e completano la idea di bellezza in architettura.
Possiamo affermare che il progresso di alcuni materiali e componenti edilizi possano aver semplificato i processi e aver invece contribuito al brutto?
Bello, brutto, per le persone sensibili alla problematica ambientale, o meglio alla buona architettura possono essere state umiliate nei loro sensi come asserisce Wolfgang Sachs?
Ci si può ribellare ad una anti-bellezza dilagante, e non solo in senso estetico, ma anche etico. Ecco mi piace pensare che questo mio testo possa essere interpretato come un momento di riflessione sulla tecnica dei materiali naturali e il risultato architettonico legato alla fisica tecnica delle essenze, per trovare il parametro dell’evoluzione culturale del progetto degli edifici che identifichiamo come i capanni, e trovare la bellezza nella tecnica e nella utilità. Una riflessione che porta a vedere una coincidenza fra il bello ed il buono che ha ispirato i classici, ma possiamo affermare anche che ecologico coincide con il bello?
Se analizziamo i metodi di produzione dei materiali, gli stili di vita e le mentalità dove il con- sumo oculato delle risorse era il fondamento di una società, lo possiamo affermare, e questi esempi ne sono il manifesto: queste architetture sono la prova dell’esistenza di una società capace di consumare meno risorse naturali.
Proporre nuovi comfort, un benessere ed una certa bellezza.
Tutti gli appelli sulla necessità di ridurre il consumo di risorse, il proliferare di leggi prescrittive su tale argomento ha in qualche modo influenzato gli operatori ed i professionisti che si oc- cupano di restauro o di edilizia, e soprattutto la collettività, in una qualche forma di sensibilizzazione. Come si potrebbe recuperare di nuovo il modello di una pratica edile più sensi- bile alle esigenze dell’utilizzo delle materie prime di derivazione naturale e la riscoperta di qualità in armonia con la fisiologia umana e del Pianeta in una definizione estetica ed una modalità culturale di stile di vita, se non utilizzando anche la presa di coscienza dell’importanza di questi manufatti.
Nella ricerca architettonica ormai si deve essere diffusa la valutazione dell’impatto bio-eco- logico del materiale edilizio, analizzando l’LCA, il ciclo intero della sua vita dalla produzione allo smaltimento, prendendo in considerazione il consumo energetico occorrente per la produzione, cioè il metabolismo ambientale. Quanta energia il produrre un materiale, assorbe all’ambiente nelle sue diverse fasi di vita?
Non si deve dimenticare di tenere in considerazione le sensazioni che le pelli, o meglio gli estradossi dei paramenti parietali (le parti in vista che sono a contatto con l’ambiente dei materiali naturali di cui sono costituite le pareti senza tralasciare le potenzialità dei volumi e de- gli spessori di tali materiali), possano esercitare sui sensi dell’uomo come la vista, l’olfatto e non ultimo il tatto.
Penso che invece questi fattori, elementi sensibili, debbano tornare ad essere integrati nelle valutazioni più sottili del gradiente estetico e funzionale di uno spazio confinato, o naturalmente dell’impatto morfologico del manufatto architettonico. Fattori che determinano il fondamento della valutazione puramente estetica se consideriamo anche il canale comunicativo, analizzando le interazioni di tipo informativo che gli elementi costitutivi trasmettono. Un edificio “parla”, informa a livello culturale delle proprie qualità intrinseche, definendone le modalità di sviluppo progettuale, sintesi degli approfondimenti tecnico funzionali avvenuti. L’Architettura comunica attraverso la morfologia, l’orientamento, i colori, i simboli ed i significati che si fondono con la percezione degli osservatori-fruitori.
Pertanto secondo me si è formata una estetica bioecologica, e la riscoperta dei manufatti dei Capanni ci può aiutare ad approfondire l’apprendimento dell’analisi della progettazione naturale autentica, per poter analizzare e riconoscere, criticamente, i falsi.
La bellezza nel concetto bio-ecologico: l’estetica della misura. Tutto ciò che identifica il “genius loci”
Cosa si può intendere allora per bello nella tematica bioecologica?
Una base di tradizione classica definisce fino al secolo XVIII il concetto di bello legato alle proporzioni. L’ordine e la proporzione sono la base della bellezza e dell’utilità.
Interessante sottolineare quindi che se si armonizza il rapporto fra le varie parti che compongono il manufatto e l’insieme tra loro, si manifesta il bello; ancora oggi è riconosciuto nella sensibilità estetica contemporanea.
A mio parere il tema bio-ecologico aggiunge all’estetica tradizionale il parametro della misura. Voglio dire che la filosofia della bio-architettura si basa su una proporzione precisa: il meno per il più. Si possono usare quantità, energie sufficienti alla bisogna. Non è un bel pro- getto quello che non ha una misura nell’utilizzo-consumo di energia.
Se analizziamo l’evoluzione bioclimatica, la natura ha sviluppato un sistema chimico di produzione dei materiali legato al sole: la fotosintesi clorofilliana, un processo con cui le piante riescono a produrre le sostanze organiche, con un apporto energetico a basso rendimento. L’etimologia della parola fotosintesi: dal greco foto-, luce, e synthesis, costruzione, assemblaggio.
La produzione-costruzione principalmente di carboidrati a partire dal materiale in natura più semplice da trovare, la anidride carbonica dell’atmosfera e dall’acqua. La fotosintesi è il processo di produzione primaria di composti organici da sostanze inorganiche, e molto importante: il tutto avviene utilizzando la sola energia che si trova gratuitamente, quella solare! Si pensi che la fotosintesi trasforma poi il carbonio atmosferico in biomassa.
Ecco: la biomassa, cioè la fibra, il componente principe dei materiali per l’architettura. Legno, canna palustre, canna comune, bambù, salice, lino, canapa, sono quelli con cui sono costruiti i Capanni (vedi figure 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8).
Un flash: non sono anche i materiali per la costruzione del nido, la casa dei nostri amici volatili?
Torniamo a noi, l’estetica della misura: possiamo dire sia il fondamento della sostenibilità in Architettura.
Nei Capanni traspare questa filosofia o meglio si evince la cultura di un sistema economico che era proporzionato al sistema naturale in cui viviamo, sia energetico che microclimatico. La cultura del nostro tempo, figlia del cambiamento radicale nell’utilizzo dell’energia, cambiata in quella fossile, ha immancabilmente variato la dinamica economica e il modo di comportarsi in un sistema che oramai oggi reputiamo completamente sproporzionato.
I Capanni definiscono questa estetica di ispirazione ecologica, possono porre in risalto e influenzare quelle azioni necessarie per ricreare l’equilibrio fra le attività umane e l’uso del- l’energia. La consapevolezza poi della rarità di questi manufatti, fa si che il loro valore sia de- stinato ad aumentare, per poi dare modo a questa estetica sensibile al modus naturale, di potersi espandere, maturare, ridiventare paradigma del bello universale.
Queste forme architettoniche sono vincolate al paesaggio e al territorio in maniera inscindibile e ne compongono l’identità. Il paesaggio è frutto di una cultura millenaria agricola ed il “Capanno” si è integrato sapientemente nel microclima, in armonia con le caratteristiche del paesaggio, l’orientamento, la topografia i propri materiali locali, coltivati sul posto.
La prospettiva della sostenibilità nella conservazione del patrimonio
Le conoscenze della struttura energetica della fabbrica, caratteristiche che normalmente non sono riportate in nessun manuale, o codice largamente in uso, venivano trasmesse per via orale, evolute sulla base di esperienza, insegnate o variate in corso di opera caso per caso. Anche perché non sempre era presente un capomastro-muratore.
Si aveva un canovaccio che  variato in funzione dello spazio e della funzione da risolvere.
Leggere sfumature, possiamo dire sono le differenze fra le varie strutture che sono ancora presenti nel nostro territorio.
Un affinamento delle tecniche “caso per caso” e poi tramandate e valutate sulla conoscenza di quelle che sono le peculiarità materiche dei materiali da costruzione. Il riconoscimento e la condivisione di quello che stiamo trattando lo dobbiamo riconoscere come qualcosa che merita di essere conservato nella sua integrità, nella sua condizione di unicità e autenticità di tutti quei caratteri che sono alla base del dibattito intorno al restauro, agli strumenti conservativi e soprattutto allo strumento metodologico di riconoscimento dell’opera di arte nella duplice polarità di cultura del luogo, dei materiali, delle modalità costruttive; come esempio che per oggi è fondamento del metodo, o meglio della filosofia della sostenibilità: il manufatto tout court e soprattutto nella presa visione delle caratteristiche peculiari di ogni esempio si- mile.
Due le esigenze che vanno riconosciute al manufatto storico nella azione di condivisione e riconoscimento dei parametri delle caratteristiche delle valenze storico artistiche:
La prima: un percorso di miglioramento della tecnica e di come questa viene usata per identificare l’obiettivo di miglior conservazione; la condizione di uso bilanciato fra lo sforzo, il costo e il risultato con i criteri di buon senso. (Non si può adeguare alla norma sismica per esempio questi tipi di strutture).
L’altra: la valenza che il manufatto, sintesi della dimostrazione della efficienza del risparmio di energia, porta a quegli approfondimenti nella verifica della qualità dei materiali e degli esempi di sistemi di utilizzo di questi componenti che identifichiamo come la LCA dei materiali, cioè la quantità di energia per produrli e utilizzarli.
I problemi del degrado: la conoscenza degli aspetti legati al territorio, al microclima ed a tutti i parametri ambientali dove l’edificio e la cultura del costruire si basano , la conoscenza delle potenzialità , gli aspetti legati alla climatologia, le variabili climatiche, gli aspetti legati all’uso e potenzialità di uso futuro, va approfondita per capire che interventi fare per la loro conservazione;
oltre agli aspetti tecnologici di rilievo e le modalità di gestione corretta della manutenzione da approfondire.
Gli aspetti di manufatti che identifichiamo come minori, dove la identità di tradizione costruttiva integrata di queste matrici profonde di professionalità artigianale, di grande valore di riconoscimento delle peculiarità dei materiali, le tecniche di montaggio specifiche, di grande profondità della coscienza della essenza e delle qualità intrinseche dei materiali, scelti per la loro valenza tecnica per la soluzione allo specifico parametro che devono assolvere.
Nei manufatti storici si può osservare la pratica di una adeguata pianificazione e programmazione dell’uso razionale delle risorse energetiche e del territorio, dove l’ impatto energetico e ambientale economico culturale e l’utilizzo delle energie, non identificava nessuno squilibrio nell’uso delle energie del territorio, oggi si dice saldo zero, tanto prendo tanto recupero e rendo al territorio. Il problema della qualità della vita era determinato in modi completamente diversi, ed il pregiudizio alla qualità della vita, problema odierno, non derivava certamente dai problemi di consumo delle energie del territorio.
La realizzazione, la conduzione, il mantenimento o la trasformazione di opere di architettura o ingegneria erano in strettissimo rapporto con l’energia ed in special luogo con il consumo delle fonti energetiche naturali.
Oggi, il problema della responsabilità della visione sostenibile del recupero dell’edilizia esistente deve essere affrontato partendo dalla necessità di integrare la conservazione dei manufatti esistenti considerando il patrimonio culturale architettonico, sia delle opere minori, come esempi di buone pratiche nella soluzione tecnica nell’utilizzo dei materiali cosiddetti bio-ecologici.
Lo sviluppo della cultura sostenibile e responsabile considerando il patrimonio architettonico, culturale ed ambientale deve essere visto come elemento indispensabile di conoscenza per la evoluzione dei sistemi di restauro, base anche per la evoluzione delle tecniche costruttive più consone al recupero dei manufatti architettonici.
Uno sviluppo della cultura sostenibile nelle scelte tecnologiche del progetto di recupero, deve essere in grado di ricercare nella memoria e nell’identità storica culturale dei sistemi architettonici di una comunità, per preservare e sviluppare il buon costruire prevedendo quindi di preservare la identità storica, per garantire la vitalità socio-economica della ricerca in ambito dei manufatti, dei materiali compatibili per il comfort ed il giusto utilizzo dei manufatti: gli spazi confinati.
Questo patrimonio culturale delle tecniche costruttive e dello sviluppo dei materiali per l’architettura, gioca un ruolo chiave nelle strategie della sostenibilità, in una prospettiva di restauro, non solo, ma nella definizione del futuro delle scelte a lungo termine nell’ottica tesa a riconoscere la molteplicità dei valori della complessità delle strategie maturate nella pratica e nella verifica delle soluzioni, poi tramandate, di capomastro in capomastro costruttore. Nell’affrontare la tematica dei sistemi bioecologici, o la riconoscibilità intrinseca delle pratiche architettoniche dei Capanni, è indispensabile adottare un approccio di tipo olistico, multidimensionale, in grado di cogliere la complessità delle implicazioni di ordine culturale tecnico, storico, ambientale, energetico, connesse alla conservazione del patrimonio architettonico e culturale tecnologico.
La conservazione integrata deve essere vista nel principio di protezione e gestione dei manufatti, ma a mio parere nella verifica e ricerca approfondita del parametro energetico, che ho definito per precisione: restauro scientifico energetico.
Il recupero dei sistemi tecnologici antichi potrebbe influenzare positivamente l’impostazione progettuale degli interventi su tutti le tematiche di retrofit, restauro o ristrutturazione negli edifici minori.
Il valore del patrimonio architettonico e non, risiede non solo nella memoria collettiva di identità del territorio o genius loci, ma nella capacità di istituire una linea guida per la ricerca e la continuità dello sviluppo culturale del progetto, istituendo una continuità con il passato dei sistemi che si sono sviluppati ed evoluti nel tempo.
Nel riconoscere la valenza della cultura della sostenibilità ambientale è possibile identificare i fattori determinanti della filosofia bioecologica che ha contribuito al successo delle tecniche architettoniche adottate ed istituzionalizzate nella trattatistica del settore (vedi: G. MORRI, L’economo istituito nelle fabbriche, Faenza, 1795) per ricordare un testo locale.
Questo porta a riconoscere un processo progettuale dove sono tenute in considerazione come qualità dell’ambiente costruito, le risorse dell’ambiente, la valorizzazione dei manufatti e dell’artigianalità dei sistemi ricerca di qualità e riconoscibilità dei materiali di deriva- zione naturale o meglio di produzione locale, oggi si direbbe a chilometro zero, di produzione agricola o di derivazione di scarti dell’agricoltura.
Lo sviluppo economico che ne deriva nei sistemi locali, la definizione di prospettive di know-how ed esperienze esportabili, nella prospettiva di una visione sostenibile ha, negli esempi di questi manufatti, la possibilità di identificare nuovi usi contemporanei, con risorse riproducibili e disponibili localmente.
La perdita di tali esempi può diventare una depauperazione irreversibile di risorse culturali che sono alla base della ricerca e del buon costruire in chiave naturale o bio-architettonica. Attraverso la verifica e lo studio di questi manufatti è possibile l’implementazione di tecnologie in grado di risolvere problemi attuali di comfort termico, diminuzione dei consumi energetici, la possibilità dei nuovi materiali per la Architettura a LCA di basso impatto ambientale.
La conservazione integrata dei manufatti, nella prospettiva della sostenibilità, si configura come un processo in grado di attivare una rivitalizzazione dei sistemi naturali di costruzione o restauro, riconoscendo le tematiche naturali legate alla qualità dei materiali naturali, definendo dinamiche precise fra l’ambiente e lo spazio confinato.
Ciò sarà possibile in una chiave di sviluppo del recupero. (retrofit)
Materiali storici bio-ecologici
Prendendo in esame le peculiarità materiche che compongono i manufatti ed i fattori di ricerca sui materiali naturali, ambito della bio-architettura ed in senso lato della sostenibilità, si era acceso il dibattito sul miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici e nella comprensione della quantità di energia necessaria per contenere i consumi, o meglio identificare una migliore risposta al comfort interno degli spazi abitabili: gli spazi confinati. Il fine ultimo della bio-architettura non è solo quello di un abbattimento dei costi energetici o di pro- gettare edifici detti passivi, ma nella formazione dei materiali edilizi e la verifica su tutti i tradizionali accorgimenti progettuali ed esecutivi passando attraverso la comprensione della es- senza dei materiali costruttivi in relazione al comportamento della risposta alla fisiologia umana, per ridurre gli inquinanti indoor e rendere lo spazio abitabile una realtà qualitativa, che risponde a requisiti biologici e alla salute dell’uomo.
Nell’affrontare in modo specifico ed approfondito il tema della qualità dei materiali e di componenti edilizi ribadisco l’importanza del loro impatto ambientale e del consumo energetico lungo il loro intero ciclo di vita: dalla produzione alla messa in opera alla dismissione.
Da queste considerazioni deve partire una nuova attenzione alla sostenibilità ed alle verifiche progettuali di rilievo e alla comprensione delle scelte operate nella costituzione dei manufatti storici, ad esempio la sapienza e la cultura nella scelta di materiali naturali prodotti in loco e posizionati caso per caso, con la sapienza delle tecniche più giuste per il loro corretto utilizzo.
La consapevolezza delle qualità prestazionali dei componenti come ad esempio la canna comune di fiume, il salice, la cannuccia palustre, il castagno e altre fibre naturali, come la paglia o il lino o la canapa, (vedi fig. 6 in fibra e fig. 7 a canapulo) fino all’argilla e al cotto, che come caratteristiche di igroscopicità, traspirabilità diffusività e accumulo energetico, coibenza e salubrità nel loro utilizzo ne fanno materiali dalle caratteristiche imbattibili e talvolta solo imitate dai materiali di sintesi petrol-chimica.
Volevo ora approfondire le caratteriste dei materiali costitutivi i Capanni:
le doti che si rivelano dalla progettazione consapevole dei capanni sono nella scelta dei ma- teriali che oltre allo loro facile reperibilità la scelta è caduta nelle caratteristiche di igroscopicità resistenza alle muffe insetti roditori senza l’uso di protettivi diversa natura, impermeabilità o permeabilità, lavorabilità:
    •         –  Canna di fiume o canna gentile (arundodonax) (fig. 2) poteva essere utilizzata per for- mare parti divisorie o elementi strutturali portanti o di tenuta laterale di altri componenti fibrosi; 

    •         –  Cannuccia palustre (phragmitescommunis o australis) (fig. 1) utilizzata principalmente per la impermeabilizzazione delle coperture. Le canne venivano unite in parghette che poi 
erano legate, partendo dal basso verso il colmo, al telaio portante predisposto. Interessante osservare la modalità tecnica che si è evoluta con l’esperienza che ha individuato quindi il giusto spessore, quindi la quantità di canne, la misura, quel parametro che abbiamo de- scritto come la giusta quantità che in questo caso dà la garanzia di tenuta all’acqua ed alla coibentazione, senza eccedere in consumo energetico sempre per il discorso dell’equilibrio dei costi energetici. Ricordo che l’utilizzo della cannuccia è largamente adottato an- che negli edifici in muratura, a formare i soffitti di varie forme, o anche le pareti diviso- rie interne.
Interessante osservare la forma della canna , chiamata in gergo cannarella: se utilizziamo il punto di vista della sostenibilità vediamo che la cannarella è una fibra di produzione agri- cola ed è costituita da una cannula di fibra che contiene al suo interno dell’aria, che possiamo considerare il coibente principe naturale, per cui con un materiale solo, la canna palustre, risponde a due funzioni, la coibentazione e la impermeabilizzazione se si utilizza come copertura, se si utilizza come elemento divisorio ecco che assolve a risolvere la tenuta anche al rumore, all’isolamento, senza dimenticare la caratteristica di rugosità superficiale idonea al- l’intonacatura con gesso o calce.
Non dimenticherei la caratteristica di leggerezza che consente una struttura  portante più misurata.
Il meno per il più, materiali che sono stati scelti per la loro peculiarità specifica di basso costo e utilizzo preciso a varie richieste tecniche.
Il salice, altra specie arborea interessante per le varie possibilità di lavorazione, fino anche a legature, data la sua flessibilità ed elasticità.
In ultimo la terra cruda, utilizzata come finitura, intonaci (vedi fig. 8), o per le pavimenta- zioni.
La terra cruda poteva essere anche usata in pisè come muratura di tamponamento.
Concluderei con una frase sintetica di Wolfang Sachs « [...] nell’architettura un’estetica eco- logica è quella che predilige tutte le cose e le azioni che esprimono un ritrovato equilibrio tra consumo di risorse, l’intelligenza umana e l’attività organica della natura.»

Paolo Rava, architetto, tecnico Bioedile ANAB n. 79.

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